sabato 21 novembre 2015

I NOVE DI CASESTELLATE.

di Gian Maria Campedelli (per seguirci su Facebook clicca QUI)


Le domeniche le passavamo a ciondolare per il paese, alla ricerca del decimo. 
Come uno sciame di piccoli uomini cocciuti, zingarelli ossuti lungo le viottole scoscese di quel villaggio arroccato sulla pietra e sul muschio: chi ci aveva preso in simpatia ci salutava donandoci girelle di liquirizia, la gente di Via Monte Rosa, invece, ci considerava alla stregua di ladruncoli perdigiorno. 

E avevano ragione.

domenica 15 novembre 2015

IL CONGEDO DELL'ELEFANTE BLANCO

di Michelangelo Mion

Il bacio alla fede, i pollici ad indicare "El Siete"


Gli elefanti, imponenti ed affascinanti; riescono a suscitare al tempo stesso rispettoso timore ed ammirazione nell'osservatore. In natura pochi animali possono vantare la fierezza di un pachiderma, nobiltà di retaggio che porta a vivere in modo solitario il giungere del crepuscolo. Le tribù autoctone africane narrano che, in punto di morte, gli elefanti si distacchino dal branco per recarsi in un mistico luogo, al solo scopo d'unirsi ai loro simili trapassati: questo luogo è detto "cimitero degli elefanti".

Maglie Cosmos per Raul e Pele
La distanza tra le incontaminate savane africane e le selvagge strade newyorchesi è abissale, ma anche nella frenetica metropoli americana è possibile, di tanto in tanto, scorgere un elefante. Beckenbauer, Pelè e ora Raul, tre divinità calcistiche accomunate, oltre che dallo sconfinato talento, dal triste e solitario destino. 

Oggi Raul Gonzalez Blanco allaccerà i suoi scarpini per l'ultima volta, quel gesto tanto metodico quanto naturale avrà un sapore nuovo, diverso, acre. In campo ancora una volta per essere decisivo, in campo per rimpinguare la già ricca bacheca personale, in campo per una finale: come d'abitudine. Una finale certamente meno nobile di quelle giocate in passato ma pur sempre una finale.

L'occasione per lasciare da vincente assoluto, magari baciando ancora una volta, l'ultima, la fede.

Intorno a lui nessuna camiseta blanca, nessun volto noto, i compagni di oltre 700 battaglie non saranno lì ad incitarlo invocando il suo nome. Le tradizionali tapas lasceranno spazio ad hamburger ed hot dog, al posto degli Ultras Sur un gruppo di neofiti che, seppur nutrito, non potrà trasmettere il calore che anche solo una manciata di quegli aficionados avrebbe dato; il calore di chi ti ha visto muovere i primi passi e ti ha seguito per tutta la carriera, vedendoti gonfiare le reti di tutta Europa centinaia e centinaia di volte.

Raul e CR (all'epoca con il 9)
Sarebbe svilente e riduttivo far descrivere Raul da una manciata di numeri, per quello esiste Wikipedia. Raul è un figlio di Madrid, Raul è il Real Madrid. Un figlio forse troppo facilmente dimenticato o per meglio dire sostituito da un altro numero 7, di sicuro mediaticamente più imponente, tecnicamente più forte che, con apparente minor fatica, ha in pochi anni disintegrato quei record accumulati nel corso di raffinati lustri. Ma il calcio, per fortuna, va oltre questi aspetti, almeno il calcio come lo intendiamo noi.

Quella che ha lasciato Raul non può che essere un'eredità senza eredi. Emblema dell'antieroe per stile di vita e tempistiche. Lontano dai riflettori nel giorno della sospirata Decima inseguita per anni; lo stesso annuncio del ritiro ha avuto l'apparenza di un triste necrologio sportivo, annuncio avvenuto, beffardamente, nella medesima giornata in cui il suo record di gol in maglia Merengues veniva superato. Oggi i numeri però non avranno alcun peso, dopo l'ultima allacciata di scarpe non resterà che una finale, non resteranno che i Cosmos contro i Fury, non resterà che un'altra partita da vincere, un altro titolo da raggiungere. Ben poco importerà se il palcoscenico sarà uno stadio di football adattato e non il regale Bernabéu, ben poco importerà se il colore dominante sarà il verde e non il bianco, l'unica cosa che conterà sarà quella per cui "El Siete"ha sempre vissuto: la vittoria. Raul Gonzalez Blanco forse è solo l'ennesimo figlio illegittimo di una modernità che ti eleva a divinità per poi cacciarti dalla porta di servizio; forse è soltanto un'altra vittima sportiva di quel subdolo sistema che è l'utilitarismo moderno. Forse è così, o forse, più semplicemente, è e sarà l'unico elefante blanco. Oggi, 15 Novembre 2015, finisce una storia, da domani inizierà la leggenda.