martedì 21 ottobre 2014

CI AVEVANO DETTO CHE ERA UN GIOCO, SOLTANTO UN GIOCO...

di Gian Maria Campedelli (per seguirci su Facebook clicca QUI)


"Il calcio ha significato troppo per me, e continua a significare troppe cose" - Paul Ashworth, da "Febbre a 90°", 1997.

Guarda la sfera rotolare impazzita, schizzare a pelo d'erba, mossa dal caso e dominata dal genio, e le migliaia di persone accalcate e sfrenate tutt'attorno: ambasciatori di uno sfrenato amore gridano al vento le loro laiche preghiere. Ammira il cielo, pare colorarsi d'odio, disperazione e sconforto, e poi esplodere in lampi di luce accompagnato da boati senza fine. Scruta i bambini, stretti nelle loro giacche addosso ai loro papà: segnano la continuità biologica e sociale di una favola senza fine, e nelle loro lacrime ribolle atavica la passione che con loro nasce e a loro sopravvive, in un immaginario denso di miti, sporco di fango e sangue, tanto impossibile da afferrare quanto impossibile da negare. 

Lasciati cullare dal silenzio carico di caos che sgorga inesorabile dagli spalti: la lunga rincorsa di un giovane uomo determina il ritmo del tuo cuore. Ci hanno ripetuto mille volte che è solo un gioco. Ci hanno mentito, ci hanno mentito e basta. 

Peter Marlow - Liverpool. In "The Cop" watching
Liverpool FC. April 1986.

Ma come fa un semplice gioco a renderci così onnipotenti ed inermi, così vivi e così stanchi, straziati all'ombra di una tettoia grigia, in ascesa celeste lungo le strade, nella via del ritorno verso casa?

Ci hanno mentito spiegandoci che un gioco non va preso troppo sul serio, che al triplice fischio tutto finisce e ricomincia la vita, quella vera. Quella in cui devi studiare, lavorare, badare alla famiglia, vestire in un certo modo, pensarla secondo i dogmi del buonsenso, ricomincia la vita in cui torni ad essere razionale e discreto, serio, affidabile. Pagale, quelle benedette tasse, che così nel regno dei cielo avrai quel che ti spetta, e occhio alla settimana di supersconti al discount sotto casa! E non dimenticare di stirare la camicia bianca e di andare al ricevimento con la professoressa Giannini, che tuo figlio Michele non sta andando troppo bene in matematica, quest'anno. E poi ci sarebbe quella cena dai Franchini, e l'inaugurazione del negozio che ha aperto Paola in via Canova, te lo ricordi vero?

Ci hanno mentito propinandoci il mito dello spettacolo come distrazione fine a se stessa, ci hanno preso in giro raccontandoci che in fondo è solo una questione di business. Ci hanno chiesto di dosare l'entusiasmo, di ponderare i sentimenti.  

Chris Steele-Perkins. Newcastle Fans
abuse the referee. 1996.
Eppure guardate! Guardate quegli stessi bambini che eravate e continuate ad essere, gustate i loro sguardi persi nell'ammirazione di un mare di uomini accorsi per sostenere un sogno, un'idea, una città, una nazione! Gustate i loro sguardi estasiati nell'assistere alla giocata di un 10, la gioia sfiancata per il balzo felino di un portiere, l'assorta adorazione per la ruvida ingordigia di un terzino, gustate i loro sguardi innamorati dell'aura mistica di un capitano che s'erge fiero e coraggioso in mezzo al campo. 

Ricordate la pelle d'oca nell'esplosione di uno stadio, polveriera d'odio e amore di uomini dalle mille e più storie da rimpiangere e raccontare, ricordate la rovesciata di Djorkaeff, il cucchiaio di Totti nel gelo arancione di Amsterdam, Mancini al Tardini, Maradona che schiaffeggia il grugno di cuoio della Regina nel torrido inferno messicano! Ricordate la mitraglia di Gabriel Omar a Wembley, il calcio volante di Boban con buona pace di quelli che... la politica deve stare fuori dal calcio e poi Calori, Calori, Calori! 

Ricordate i Calypso Boys, il braccio alzato di Shearer, i talenti terribili del Crvena Zvezda, la rovesciata di Bressan, contro la fisica e l'umana comprensione; ricordate Ciotti, Provenzali, Cucchi, Repice e quella sigla eterna che accompagnava le lunghe gite domenicali; ricordate le pistole di Long John, le luci a San Siro di quella sera, le notti magiche inseguendo un goal e le grigie miserie di un impero che più si sgretola e più ci affascina. 

Hanno tentato in tutti i modi di convincerci che era giusto crescere, diventare grandi. Con buona pace degli esperti, degli intenditori, dei professionisti dello show, invece, siamo rimasti gli stessi: inopportunamente innamorati, inesorabilmente appassionati, eternamente bambini. 

E non ne siamo affatto dispiaciuti: condannati a nutrirci di sogni, dolorosamente convinti che è molto più bello vivere così. 


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