domenica 28 aprile 2013

TORO-JUVE: LA FARFALLA PROFANATA, IL DERBY DIMENTICATO

di Gianmarco Pacione (per seguirci su Facebook clicca qui)


Il tremendo sfregio al monumento in onore di Gigi Meroni

“FORZA JUVE”. Chissà cos’avrà pensato la farfalla granata guardando da lassù. Codardi dissacratori. Solo l’oscurità della notte poteva avvolgere tali esempi di spietata ignoranza. “FORZA JUVE”, sul bianco granito, sulla casa del suo mito, scritta penosa.

Per noi è una partita come le altre, niente di più...”, introduceva così il derby Stephan Lichtsteiner. Nulla da invidiare allo juventino medio. Pare annebbi il cervello la costante imbattibilità. Annebbia più di tutto il cuore.


Due sfregi che vanno di pari passo. L’immagine di un'inarrivabile leggenda calpestata, l’etereo ideale di uno scontro senza tempo totalmente cancellato. Basta poco. Eppure quegl’idioti incappucciati se la staranno ridendo, già, la loro bravata ha portato i frutti desiderati. Meroni scherzato, la partita vinta, lo scudetto sempre più vicino, i loro campioni con le creste tirate a lucido nonostante la pioggia. Soddisfazioni. Piaceri per chi poco sa.


Gigi Meroni
Nostalgia. Si, nostalgia, voglia di vedere il 7 granata puntare, danzare su quei polpacci scoperti dai calzettoni abbassati, come un fiore appena sbocciato; dominare incontrastato la fascia, cadere dolcemente per poi levitare nel Comunale contemplatore. Voglia di poter chiudere le bocche aperte degl’iconoclasti di corso Re Umberto. Immane desiderio di riportare loro ed il terzino svizzero indietro nel tempo. Avanti Stephan, prendi la targa a quel baffone diverso rispetto agli altri 21 in campo. Già, perché se puoi atteggiarti a re del mondo in giro per lo Stivale, nelle pubblicità, negli stadi, è solo grazie a Gigi. Sei il semplice figlio viziato della creatività. Nient’altro che uno dei tanti di questo calcio che non hanno più un’identità, un volto preciso, se non quello del conformismo. Dipingeva Meroni, realizzava vestiti, addomesticava galline, conviveva con una donna separata. Personalità, unicità. Ben distante da chi veste Dolce & Gabbana o accumula frasi banali e ripetitive davanti a microfoni gracchianti stupide sentenze.

Lo sfregio a Meroni è un chiaro segnale. La ribalta di chi segue il calcio da una manciata d'anni, senza il minimo senno, con un'imbarazzante presunzione. I riflettori puntati sull’esemplare di nuovo, piccolo tifoso plasmato da ore di programmi spazzatura, dalla volontà di creare automi, incassi viventi. Semplici ingranaggi di un meccanismo monetario e ben poco umano. “Tifosi” con i controller in mano, pronti ad azionare i loro robot dal fisico statuario.

Meroni ed un suo abito
Perché la differenza tra Meroni e Lichtsteiner è proprio questa: il primo erede di se stesso, delle passioni, della vita, creatore di mode e simbolo magico, plasmatore del gioco che tanto amiamo; il secondo artificioso modello preso in prestito da qualche copertina di For Men, fastidioso provocatore, conformato borioso dal capello ingellato, studiato esperimento dei laboratori del calcio moderno.

Chi produce, chi viene prodotto.

Saranno andati allo stadio, oggi, i delinquenti bianconeri? Avranno alzato la coreografia pagata dalla Tim nella scorsa partita allo Juventus Stadium? A noi non è dato saperlo. A me, semplice appassionato e tifoso esterno a questa rivalità, non resta che consigliare loro e, perché no, anche al terzino destro che tanto acclamano, d’andare a rivedere il derby giocato la domenica seguente al tragico impatto con la morte del “Calimero” granata.

Combin (palla in mano) e Carelli dopo l'impresa del derby
22 ottobre 1967. Prima del calcio d’inizio un elicottero lascia cadere dei fiori sul campo. Immediatamente tutti i petali vengono raccolti sulla fascia della “Farfalla”, pronta a scivolare tra di essi, nell’immaginario collettivo. Proprio come aveva fatto la settimana precedente con gli avversari, proprio come non farà mai più. Le ali che battono. Comunale totalmente ammutolito. Bianconeri, granata. Rispetto di raro valore. 0-4 Torino. Tripletta del grande amico di Gigi, l’argentino Nestor Combin. Gol di Carelli. Anzi no, gol della maglia numero 7, quella che vestiva in onore del suo compagno tragicamente scomparso. Gol dell'impresa. Gol del derby. Gol del calcio. Gol dimenticato. 



                                                               le reti del fiabesco 0-4

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