sabato 26 gennaio 2013

BARCOS E MORINI, I PADRONI DEI MARI


Gli scricchiolii compongono un motivetto diverso nella mente di ogni mozzo. Sono accompagnati dal melanconico suono d'armoniche e dallo sfrenato sbattere delle vele. Si sente questo e poco altro. Si vedono due velieri. Paiono osservarsi a breve distanza, scrutarsi, quasi attendessero un segno, un momento di cedimento. Le paure, i timori, i ricordi, l'alcol in corpo confluiscono sotto quei due vessilli neri che capeggiano la scena, alti. Teschi accompagnati da ossa.


"Usted està listo para atacar?" tuona dal nulla una strana figura di verde vestita, seduta pigramente su una cassapanca. Mi avvicino con la mente. L'osservo di spalle. Capello raccolto, a formare una piccola coda. Sulla giacca verde mal rattopata ha inciso un 9 all'altezza della schiena. Gli giro intorno. Barba, naso vistoso, sopracciglia folte. Sul cuore scorgo un simbolo. È una "P". È quella caratteristica del Palmeiras. A particolareggiare ancora di più questo personaggio: una benda, sull'occhio sinistro. La sta sistemando con la corrispondente mano. Con la destra impugna un bottiglia di rum. La alza in cielo, dà l'ordine di attaccare. Come sempre.
 Nel suo continente ha terrorizzato tutte le difese in maglia Racing, nel Guaranì, nell'Olmedo. Poi è salpato ed ha continuato oltremare a Belgrado (Stella Rossa), finendo addirittura nel lontano Oriente. Infine il ritorno in Sudamerica, su rotte a lui più consone. "El pirata" è sempre pronto a razziare. Ha una voglia infinita di buttarla dentro. Nelle ultime stagioni con l'LDU di Quito ed il Palmeiras ha siglato 80 reti in 146 partite, e il tassametro corre. Vederlo giocare è quasi superfluo. È superiore. Hernan Barcos, questo il nome della più temuta punta centrale del Brasilerao e delle locande di San Paolo. Tecnicamente, mentalmente, è sempre un passo avanti. Prende il tempo, fa la giocata, segna di rapina. Gol fantastici, gol brutti. Gol, tanti tesori d'inestimabile valore di sua proprietà, che non gli possono essere sottratti. I cannoni del suo veliero che sparano, le reti che si gonfiano. La conquista della maglia albiceleste a 28 anni. Con la spada tra i denti, con il magico fluire del mare tra i piedi. Dopo ogni segnatura Hernan corre verso la "mancha verde", si copre l'occhio sinistro, la benda. Alza la mano destra, il rum al cielo.

Lo ritroviamo così sul veliero, accompagnato da un grido lacerante. Si alzano in volo i gabbiani, sta per iniziare lo scontro. "El pirata" cerca con lo sguardo il suo avversario, l'unico che tema veramente.

Eccolo lì, in mezzo al pontile, fermo. Con le braccia conserte. Alto, i capelli biondi ormai ingrigiti. "Il corsaro Morgan", così lo chiamano. Dicono ne abbia viste di tutte nella sua vita. Leggende raccontano di come depredasse chiunque senza il minimo sforzo. Il suo vero nome è Francesco Morini.
Più di 400 partite, 0 gol. Stopper di vecchi tempi. Giocatore rude in costante contrasto con il suo aspetto bello, elegante, da nordico. Sampdoria, tanta Juventus e poi il Nuovo Mondo dove, nel lontano 1980, dopo essere approdato sulle sponde canadesi, si stabilisce a Toronto. Difende con raffinata strapotenza, inaspettata cattiveria agonistica. Domina i mari limitrofi alla sua area di rigore, ne è il padrone. Vince cinque scudetti, una coppa Italia e una coppa Uefa. Machiavellico interprete della crudeltà ai fini dell'esito. Tanto in campo quanto nella sua nave il "corsaro Morgan" non ammette momenti di pausa, di disattenzione. Dà tutto.

Hernan Barcos e Francesco Morini. Due mondi, due tempi completamente diversi. Uno di fronte all'altro, poco conta dove e perché. Si squadrano. Sanno che la loro battaglia non inizierà mai, resterà come cristallizzata da queste parole per sempre, nell'attimo precedente al primo colpo sparato, alla prima spada sguainata, al primo contrasto aereo, al primo scatto spalla a spalla su una palla lunga. Non sono soddisfatti. Avrebbero voluto sfidarsi, trovarsi faccia a faccia, sentire il corpo di uno appoggiato all'altro in un continuo gioco d'equilibri per proteggere e far proprio il pallone. Avrebbero voluto osservare il numero, subire un intervento grottesco dell'altro.

"El pirata" ed "il corsaro Morgan". Anni, calcistici e non, a separarli. Il mare ad unirli. Per sempre. Epici protagonisti di questa novella che non ha fine.


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