venerdì 28 dicembre 2012

I DUE CIGNI DI SWANSEA



“L'anatroccolo si lanciò disperato verso di loro gridando: - Ammazzatemi, non sono degno di voi!-
Improvvisamente si accorse del suo riflesso sull'acqua: che sorpresa! Che felicità! Non osava crederci: non era più un anatroccolo grigio… era diventato un cigno.” Così Andersen concludeva più di un secolo fa una fiaba che segnerà l’infanzia di milioni di bambini. Un finale intriso d’allegria, il gioioso compimento d’una lunga e travagliata vicenda che, per larghi tratti, appariva destinata ad essere caratterizzata da un’eterna sofferenza, da un’incorreggibile inferiorità.
A distanza di quasi due secoli la storia si ripete, questa volta non è ambientata nel rurale scenario descritto dal grande autore danese, bensì in uno stagno tutto particolare. Fatto di seggiolini, abitato da ventimila gallesi, orgogliosi d’essere i primi figli del dragone rosso a potersi gustare la Premier League. Il Liberty Stadium incarna esattamente il concetto di luogo affascinante e mistico, perfetto per questa fiaba dei giorni nostri.
I brutti anatroccoli però, nella nostra personalissima vicenda, sono due.
Daniel Anthony Graham (per tutti Danny) e Miguel Perez Cuesta o, più semplicemente, Michu, numeri  dieci e nove dello Swansea AFC.
Due giocatori completamente differenti, assimilati però da un passato nelle minors, anni lunghi, faticosi, costellati da delusioni ed infortuni.

mercoledì 26 dicembre 2012

COME UNA FENICE: L'INCOMPIUTO LEEDS UNITED


David O'Leary, allenatore dei Whites dal 1998 al 2002
Solitamente nel calcio siamo abituati a distinguere due categorie di squadre: le grandi, quelle che vincono, quelle che hanno sempre vinto, quelle dove hanno giocato e giocano i fuoriclasse e... tutte le altre. La categoria “tutte le altre” comprende davvero tutte le altre, dal medio professionismo al dilettantismo più aspro. Ci si potrebbe accontentare di dividere il gioco in due emisferi, ma si commetterebbe un grave errore: si perderebbe la magia. La magia sprigionata dalle imprese di quelle realtà che emergono, che non vincono mai ma divertono, la magia di club travagliati che si trascinano dietro per decenni debiti e fantasmi e scheletri nell'armadio e improvvisamente vedono la luce grazie alle giocate di qualche fuorilegge del prato verde o grazie al talento di nidiate di ragazzini terribili che prendono a pallate quelli che, alla fine, vincono sempre. Potrebbe essere la storia di centinaia di club ma, soprattutto, è la storia del Leeds United.

venerdì 21 dicembre 2012

VLADIMIR WEISS, OMAGGIO SLOVACCO A GIANNI BRERA




Pare ormai sepolta quell’età dell’oro giornalistica che in primo piano poneva emozioni e non freddi numeri. Parole che dipingevano atmosfere e gesta che in moltissimi potevano solo immaginare sfogliando avidamente gazzette e guerin sportivi. Tempi in cui Sky, Mediaset ed i loro annessi vomitatori di concetti dozzinali sarebbero risultati distanti anni luce, inutili.
In quest’epoca ormai quasi dimenticata, un nome su tutti a dominare, pipa alla bocca. Giovanni Luigi Brera, per tutti “Gianni” o, più semplicemente, il giornalismo sportivo del ventesimo secolo in Italia.
Una penna che ha avuto la tanto complicata, quanto innata, capacità di plasmare momenti di sport e trasmetterli a qualsiasi lettore in un modo irraggiungibile da qualsiasi alta definizione televisiva. Articoli unici, come unico il modo d’innovare prendendo spunto dal passato, dalla sua infinita cultura classica, dalla sua padronanza delle lingue straniere. Neologismi intrecciati a soprannomi che lo rendevano, nel dopoguerra, molto più contemporaneo ed interessante dei tanti riciclatori dallo stile grossolano e decisamente rivedibile (ahimè, quanto le cifre dei loro stipendi) che impazzano nelle maggiori testate al giorno d’oggi.

GEORGIOS SAMARAS, L'EROE ELLENICO


Da tempi immemori la figura dell’eroe è un caposaldo dell’umanità. Una ricerca implicita all’interno d’ognuno di noi di quella perfezione che mai in realtà è stata e sarà raggiunta pienamente. Eppure l’eroe (ce lo insegna la letteratura) è imperfetto tanto quanto gli altri individui. Concetto ossimorico certo, ma che trova riscontro soprattutto in quella mitologia greca che, molto prima della coppia d’oro Moccia-Volo, ha fatto sognare migliaia di giovani (e non solo) assetati di quella conoscenza e di quel sapore letterario ben distanti dalla mera banalità. Leggende che si uniscono a fatti storici creando un connubio magico. Risulta inevitabile, quasi una banale conseguenza, che ancora oggi appaia incantato quel suolo ellenico, impresso nella nostra mente dalle descrizioni omeriche.
Ed è proprio da questo popolo d’antichissime tradizioni che nasce ventisette anni fa, a Candia, Georgios Samaras, colui che potremmo definire l’eroe del calcio moderno.

RACCONTO BREVE: BUENOS AIRES SKYLINE


Ramon se ne stava in piedi, di fronte alla finestra che dava su Calle Hortega. Per strada vecchiette e nipoti tornavano dal mercato rionale, qualche macchina ogni tanto, nubi di gas. Tirava un venticello fresco, piacevole. Stava pensando a sua moglie Carla, a Joseph, il figlio, e Anita, la piccolina. Poi gli vennero in mente i mesi estivi di qualche anno prima: le feste in Europa, il trasferimento a Londra, le passeggiate su e giù per la city, la loro casa vicino ad Highbury. Era fermo lì da così tante ore, a pensare, a farsi del male, che oramai faceva parte dell’arredamento della camera. Nel tardo pomeriggio bussarono alla porta.
“Sono Andres, tra un’ora partiamo”.
Non rispose.

“Mi hai sentito?”
“Sì”, fece con un filo di voce.
Si voltò verso il letto singolo che stava nell’angolo opposto della stanza e cercò con lo sguardo il giornale tra le lenzuola arruffate. Il completo della società, il Boca, se ne stava appeso dentro l’armadio semiaperto, gli diede un’occhiata, scostò subito lo sguardo.
Lui quella partita non l’avrebbe giocata, in ogni caso.

PARIDE TUMBURUS, UNA STORIA AMARA

di Gian Maria Campedelli

Tumburus in maglia felsinea

Correndo con la mente all'indietro nel tempo è impossibile riuscire a demarcare nitidamente il momento in cui il calcio si è trasformato da Sport a tentacolare industria. Come in tutti i processi storici, anche nelle più turbolente e rapide rivoluzioni, gli eventi cambiano (più o meno) lentamente ed arrivano ad un punto di rottura tramite periodi di dinamica gestazione. I Morcheeba, ad inizio millennio, ci ricordavano che “Roma non fu costruita in un giorno”, ed il concetto vale anche, sostanzialmente, per la formazione del calcio come sfruttamento economico, come possibilità di arricchimento che esula dalla bellezza delle forme e del gioco.

Se non possiamo dunque individuare un momento preciso che segni questo cambiamento riusciamo tuttavia a riscoprire qualche storia che, col senno di poi, ci dia l'idea di come effettivamente il passaggio, per quanto lento, potesse essere comunque doloroso e profondamente amaro, per i semplici appassionati, per i tifosi e per i giocatori stessi. Una di queste storie è quella di Paride Tumburus.

CALCIO D'INIZIO, PARTERRE SCENDE IN CAMPO

Chi scrive di calcio ha il dovere morale di cercare di emozionare il lettore. Il calcio non è un gioco, è il binario per interpretare la storia di intere vite, di intere città, di intere nazioni. Il calcio è ragione, vizio, ritmo. Noi, due studenti innamorati dell'essenza del gioco, narreremo i fallimenti, le finzioni, le meraviglie, le favole che da più di un secolo scorrono a filo d'erba, lungo i pali, fra i nodi della rete, scivolando negli umidi spogliatoi e sui bollenti spalti. "Parterre" è l'audace tentativo di valorizzare e far conoscere ai patiti di football (e non solo) l'altra faccia della passione. Quella lontana dai media e dalla repressione, quella che scalpita e che ribolle di vita. Il calcio cantato, il calcio e basta.

Gianmarco Pacione e Gian Maria Campedelli